Usuario:StewartSouza8

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Milano - "Le grandi città globali oggi stanno vivendo un’epoca molto particolare con un ruolo centrale nel promuovere il progresso. E il progresso non è solo la via verso il futuro, ma è una continua e quotidiana scommessa, che si gioca sulla capacità di "fare sistema", di creare azioni sinergiche tra imprese, università e istituzioni. Le grandi città globali, infatti, -e Milano è certamente tra queste- sono dotate di un concentrato di risorse finanziarie, umane, culturali e tecnologiche, che rende le città i luoghi più adatti per affrontare le sfide del futuro. E tra queste sfide la mobilità, l’accessibilità, l’ambiente e l’innovazione rivestono un ruolo di primo piano all’interno dell’agenda politica urbana.


Questi temi sono fondamentali per migliorare la qualità della vita, la competitività e soprattutto la credibilità dell’intero sistema Paese. E soprattutto Milano si sta trasformando in una vera smart city, grazie a politiche e risultati che rendono il nostro territorio sempre più inclusivo, attrattivo e sostenibile. E Milano è smart anche dal punto di vista imprenditoriale con 45 mila imprese in settori come ambiente, alta tecnologia e digitale. Queste imprese smart sono in crescita del 2%, danno lavoro a oltre 350 mila addetti e creano un giro d’affari di quasi 100 miliardi. Le nuove tecnologie, lo sappiamo bene, contribuiscono alla riduzione dei costi e degli sprechi, aumentano l’efficienza e migliorano il funzionamento della pubblica amministrazione.


E sulla pubblica amministrazione vorrei fare una breve riflessione a partire da un dato. In Italia, a causa della cattiva burocrazia, un’impresa impiega qualcosa come 240 ore l’anno per assolvere le varie procedure amministrative. Ben 100 ore in più rispetto alla media europea. Essere smart per noi Camera di commercio significa ridurre questo tempo, semplificare sempre più -giorno per giorno- la vita degli imprenditori. Insomma, stiamo cercando di fare la nostra parte nel favorire la digitalizzazione e facilitare il dialogo tra enti pubblici e imprese. Mi riferisco ad esempio all’ iniziativa del "cassetto digitale dell’imprenditore". Si tratta di uno strumento innovativo, che contiene tutti i documenti di un’impresa, dalle visure ai bilanci e quindi a tutti gli atti delle altre amministrazioni. Questa documentazione è a disposizione della singola impresa (che accede dal telefonino ovunque si trovi e in qualunque momento) ed è a disposizione degli enti pubblici.


Carlo Sangalli, 81 anni, da dodici al vertice di Confcommercio, ha presentato un esposto alla procura di Milano nel quale denuncia di essere «parte offesa per gravissime condotte di estorsione e diffamazione». Alla base dell’esposto ci sono accuse di presunte molestie a una ex segretaria, al suo fianco fino al 2012, e anche le tensioni legate alla gestione di ricche partite economiche legate al welfare integrativo degli associati. Sono tre (su un totale di sette) i vicepresidenti dell’associazione dei commercianti che il 7 giugno scorso hanno chiesto le dimissioni di Sangalli per «ragioni etico-morali» che lo avrebbero reso «totalmente incompatibile» con la carica. Facevano riferimento, non esplicitamente, a quanto erano venuti a sapere nei mesi precedenti, e cioè che Sangalli aveva firmato a gennaio 2018 un atto di donazione di 216 mila euro a favore di una sua ex segretaria. Secondo l’accusa i soldi sono serviti a tacitare la donna che aveva subito molestie tra il 2011 e il 2012 dal presidente di Confcommercio. Sotto accusa c’è anche il direttore generale di Confcommercio Francesco Rivolta, nel frattempo licenziato da Sangalli. », si chiede, citato da Repubblica uno degli oppositori interni più critici. «Rinnovamento delle funzioni direttive», si legge nell’ordine di servizio con cui il manager è stato allontanato. Ma che il provvedimento sia legato ai veleni di questi giorni, in Confcommercio è una certezza.


«Sono molto dispiaciuto per la sorte di un uomo che, superati i settant' anni, si trova ad affrontare un lungo periodo di carcerazione. Per chiunque, a quell' età, la prigione è una sofferenza supplementare. Nel caso di Formigoni ci troviamo di fronte a un politico che, come governatore della Lombardia, ha ottenuto risultati importanti per famiglie e imprese. Successi oggettivi che non possono essere dimenticati. Come essere riuscito, per esempio, a utilizzare i fondi europei che, prima di lui, restavano a Bruxelles». Presidente, da lombardo doc, è favorevole all' autonomia regionale? «Dare attuazione al federalismo differenziato è certo utile. È giusto e urgente procedere con previsioni differenziate di autonomie e quindi di servizi». Pare però che la procedura vada a rilento, in Parlamento e nel governo c' è chi frena «Non facciamo allarmismi.


Un ampio e partecipato confronto è necessario, così da fugare dubbi e interrogativi e definire i livelli pubblici essenziali dei servizi da assicurare ad ogni cittadino. È un percorso che va portato avanti attraverso un continuo dialogo e ascolto così come sta facendo, in Lombardia, il presidente Attilio Fontana. Per quanto riguarda l' autonomia, c' è poi, anche, un tema che va risolto: il trasferimento delle competenze sulle Camere di commercio, dal Ministero dello Sviluppo Economico alle Regioni. In questo caso l' autonomia rischierebbe di produrre cortocircuiti e contraddizioni perché il sistema camerale collabora già strettamente con le Regioni ma si basa su un ordinamento omogeneo a livello nazionale.


In sintesi un' impresa deve confrontarsi con regole certe e procedure simili in tutto il Paese, da Trapani a Bolzano. In caso contrario si creerebbero complicazioni e limiti all' attività imprenditoriale». Il Paese però è tutt' altro che omogeneo: non le sembra che Milano abbia poco da spartire con il resto d' Italia? «Credo che il segreto del boom di Milano risieda nel dna di questa città-mondo, capace di trasmettere energia, formare eccellenze e attrarre talenti e quindi investitori. Milano cresce soprattutto quando si pone obiettivi molto sfidanti. Adesso abbiamo di fronte le Olimpiadi 2026 ma la sfida più impegnativa è senz' altro quella delle periferie.


Se Milano riuscirà a migliorarle diventerà un esempio a livello globale. Oggi il milanese è orgoglioso della sua città, dal centro storico al nuovo skyline da capitale europea. È un orgoglio positivo che motiva a crescere, a migliorarsi e aiuta a superare le difficoltà. È un orgoglio che dovrebbe ritrovare tutto il Paese». Che giudizio dà dell' attuale situazione economica italiana ed europea? «I freddi numeri della chiusura del 2018 indicano un rallentamento diffuso che in Europa interessa soprattutto Germania e Italia. Rallentamento che, per il nostro Paese, è stato certificato dalla recessione tecnica. Tutto questo ha un corollario e una conseguenza: il corollario è la debolezza dell' occupazione, la conseguenza è l' urgenza di scelte adeguate di politica economica.


Restiamo, infatti, un Paese fragile che fatica più di tutti ad agganciare i segnali di ripartenza ed è sempre il primo a cadere nella recessione quando l' economia rallenta». Crede sarà necessaria una manovra bis? «Se non si corre ai ripari il prima possibile è inevitabile che ci siano effetti negativi sugli andamenti di finanza pubblica, con il rischio di dover fare dolorosi aggiustamenti di rotta. Bisogna dunque reagire per rafforzare la fiducia di imprese e famiglie. Il premier Conte ha parlato di un' autostrada per la crescita le cui corsie sono: investimenti, innovazione e semplificazione. Ci auguriamo che questa autostrada sia inaugurata quanto prima, ma soprattutto che venga percorsa a gran velocità». Si parla di dare il via libera all' aumento dell' Iva per scongiurare la manovra: dalla padella alla brace?


«Per un Paese come il nostro, che soffre di due malattie croniche, come la debole domanda interna e scarsi investimenti infrastrutturali, questa eventualità segnerebbe il punto di non ritorno verso una nuova e più drammatica crisi economica». Quanto ci costerebbe l'aumento Iva in termini di consumi? «L' aumento di 23 miliardi di Iva nel 2020 determinerebbe una contrazione dei consumi che stimiamo tra gli 11 e i 18 miliardi di euro, cioè tra l' 1,1 e l' 1,8% della spesa complessiva delle famiglie. E questo vuoto di domanda avrebbe anche un impatto negativo sul Pil di circa mezzo punto percentuale». Cosa si può colpire per fare cassa senza aumentare la crisi? Quanto la appassiona lo scontro interno al governo sulla Tav? «Guardi, la stragrande maggioranza degli imprenditori è favorevole anche perché le opportunità sono evidenti, sia a livello economico che ambientale.


Con l' arrivo, poi, dell' alta velocità Milano-Genova si potrebbero aprire spazi di mercato straordinari con benefici per tutto il Paese. La Torino Lione, insomma, completerebbe quella "Metropolitana d' Europa" in grado di integrare ulteriormente e naturalmente l' Italia anche nei grandi flussi turistici e commerciali europei. La Tav, dunque, serve a tutti e renderebbe il nostro Paese più competitivo». «Sicuramente ha portato ad una maggiore varietà dell' offerta, essendo il commercio al dettaglio il primo fattore di integrazione degli stranieri, una condizione necessaria anche se non sufficiente. Del resto, l' integrazione è connessa alla legalità. Per la quale vale il principio stesso mercato, stesse regole. Assieme a questo c' è, però, troppa confusione nella localizzazione e nella gestione di alcune attività commerciali. Comunque certo si potrebbe fare molto di più nella difesa del made in Italy».


«Abbiamo registrato grande attenzione sia al tema del rafforzamento della dotazione infrastrutturale del sistema Italia - la questione al centro del "manifesto di Torino" - sia alle proposte formulate per il rafforzamento della componente "sviluppista" della manovra di bilancio». Questo il giudizio del presidente di Confcommercio Carlo Sangalli sull'incontro di domenica al Viminale con il ministro Salvini. E quali le richieste per Di Maio? In coerenza con l'obiettivo del Governo di «riportare progressivamente gli investimenti pubblici al livello pre-crisi del 3 per cento del Pil» Confcommercio chiede innanzitutto «il rafforzamento dell'impegno per le opere pubbliche necessarie per l'accessibilità e la competitività del nostro Paese».


Appena eletto alla presidenza di Confcomercio, ormai più di quattro anni fa, Carlo Sangalli mise subito in chiaro come la pensava. "Il problema dell’incompatibilità non mi pare sia molto seguito in Italia", aveva scandito l’ex politico, manager e lobbista rivolto alla folla di giornalisti che lo assediava per sapere se intendeva rinunciare almeno a qualcuna delle sue numerose poltrone. "Non mi dimetto da niente", tagliò corto. Proprio ieri l’assemblea dei soci della casa editrice presieduta da Marina Berlusconi ha nominato tre nuovi amministratori. Macchè. Nel Paese dei conflitti d’interesse la questione Sangalli può anche finire per sembrare del tutto marginale. E comunque il presidente di Confcommercio è uomo di mondo. Poltrona dopo poltrona, l’inossidabile Sangalli non solo è riuscito a rimanere in sella dopo il crollo della prima repubblica, ma anche rafforzato la sua posizione diventando una delle figure chiave del potere berlusconiano a Milano.


Carlo Sangalli è nato nel 1937 a Porlezza (Como). Sposato con quattro figli, laureato in giurisprudenza, è imprenditore commerciale. Dal 3 aprile 1995 è presidente dell'Unione del commercio, del turismo dei servizi e delle professioni della provincia di Milano, la maggiore delle organizzazioni territoriali aderenti alla Confcommercio. Nel 1996 diventa presidente dell'Unione regionale lombarda del commercio, del turismo e dei servizi. Dal 5 marzo del 1997 è vicepresidente vicario della Confcommercio. Dal 1 agosto dello stesso anno diventa presidente della Camera di commercio di Milano, mentre dal luglio 2000 è anche presidente di Unioncamere. Nel 21 dicembre 2005, a seguito delle vicende giudiziarie che hanno portato all'autosospensione di Sergio Billè, è reggente della Confcommercio nazionale.


Bufera in casa Confcommercio: il Presidente Carlo Sangalli colpevole di molestie, o vittima di un complotto? MILANO - Come noto diffamare qualcuno è il modo migliore per toglierlo di mezzo. Per l’opinione pubblica, infatti, non c’è niente di più gustoso che demolire un personaggio di spicco partecipando, in ogni occasione favorevole, alla maldicente rivelazione di notizie che potrebbero danneggiarne la reputazione. Si tratta probabilmente del desiderio irrefrenabile di prendersi la rivincita sulla fortuna economica e sociale che spesso accompagna coloro i quali godono di visibilità, tantopiù in quanto la veridicità delle chiacchiere è del tutto secondaria rispetto alla loro efficacia. È questo il caso del Presidente della Confcommercio Carlo Sangalli? Risulta semmai singolare il comportamento di Anapa la quale, essendo ancora rappresentata nella Confederazione di Sangalli, ha scelto un fragoroso silenzio giustificato forse dal disagio che si prova in situazioni così imbarazzanti. L'IMMEDIATEZZA DELLA PUBBLICAZIONE DEI VOSTRI COMMENTI NON PERMETTE FILTRI PREVENTIVI. UTILIZZATE QUESTO MODULO ANCHE PER SEGNALARE EVENTUALI COMMENTI INAPPROPRIATI, OFFENSIVI O GIUDICATI DIFFAMATORI IN MODO DA POTERLI INDIVIDUARE ED ELIMINARE TEMPESTIVAMENTE.


Cambio della guardia al vertice di Unioncamere. Carlo Sangalli succede a Ivan Lo Bello, che ha guidato l’ente rappresentativo delle Camere di commercio italiane negli ultimi tre anni. Sangalli, Presidente della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi, è stato eletto dai presidenti delle Camere di Commercio italiane, riuniti a Roma in occasione dell’Assemblea di Unioncamere. "Lascio un sistema profondamente rinnovato - ha detto Lo Bello - con compiti chiari e funzioni strategiche per la crescita del sistema produttivo.blogspot.com Lo lascio in ottime mani e questo mi rende ancora più orgoglioso degli sforzi compiuti". Lo Bello ha rimarcato le grandi capacità del suo successore, "un uomo in grado di lavorare con determinazione - ha detto - aggregando e coinvolgendo le energie migliori del sistema per portare a compimento la riforma delle Camere di commercio".


"Ringrazio i colleghi che mi hanno dato fiducia"- ha detto Sangalli - "e ringrazio il presidente Lo Bello e la sua squadra per il lavoro fatto in questi anni.corr.it Insieme ai presidenti delle Camere di commercio e a tutte le donne e gli uomini che quotidianamente lavorano nel sistema camerale ci impegneremo per lo sviluppo delle nostre imprese ed il rafforzamento del Sistema Paese". Nel corso del suo intervento, Sangalli ha sottolineato l’importanza di poter contare su una squadra valida e coesa. "Sarà una presidenza di garanzia e finalizzata a completare e rivedere la riforma - ha spiegato -coinvolgendo direttamente le Camere di commercio". Quindi ha indicato le parole chiave della sua presidenza: responsabilità, collaborazione, valorizzazione.


Carlo Sangalli ha settant’anni e ne dimostra una decina di meno. Si è fatto sette legislature (sette!) alla Camera con la Democrazia cristiana, dal ’68 al ’94, e dal 2006 governa la Confcommercio, un’organizzazione che ha 800.000 associati e la fama di non amare troppo i ministri delle Finanze. Ci incontriamo in piazza Belli, a Roma. Mi accoglie in jeans e camicia. Nella sua stanza trionfa un enorme poster del Milan. I "suoi" commercianti non c’entrano nulla? «Direi proprio di no». Lei lo sa quanto costa affittare un ombrellone e due lettini? «No. Vado in montagna». Spesso più di 20 euro, e non parliamo dei posti per ricchi. Non sa nemmeno quanto costa un litro di latte? «Aspetti che ce l’ho scritto da qualche parte».


«Uhm, non lo so. Lo ammetto. In casa non sono io a fare la spesa. Giochi a parte, posso garantire che non sono i commercianti che si inventano i prezzi alti. Si sa che l’inflazione è importata. Lo racconti a chi prima pagava un caffè 800 lire e ora lo paga un euro. «Lo so, lo so. L’euro… Si doveva dare retta a Tremonti quando suggeriva di prolungare il periodo di doppia circolazione della lira con l’euro». I commercianti non speculano? «No. Anche i commercianti si sono visti raddoppiare gli affitti e le spese per luce e gas. Negli ultimi dieci anni c’è stata una crisi pazzesca soprattutto tra i piccoli esercizi. E in quanti hanno aperto?


«Altrettanti. Vuol dire che molti negozi muoiono in culla. Le dico come si rilancia il Paese? «Riduzione della spesa. Riduzione delle tasse, perché se si paga meno pagano più persone. Lotta all’evasione: i commercianti sono gli indiziati numero uno dell’evasione. «Veniamo martellati ingiustamente. È una leggenda». L’evasione è calcolata tra il 17 e il 30% del Pil. I lavoratori dipendenti sono controllatissimi, secondo lei chi evade? «A parte che molti dipendenti fanno un secondo lavoro in nero… Ricordo un articolo del Corriere in cui si diceva che l’evasione va combattuta con un’azione che abbracci tutta l’economia italiana». Io ricordo alcune tabelle del 2007: nessuna categoria del commercio risultava guadagnare più di 20.000 euro all’anno di media.


La media dei venditori di automobili mi pare che fosse di 15.000 euro. Un po’ poco, no? «Sì. Ma ho dei dubbi sul fatto che il grosso dell’evasione venga dai piccoli commercianti». Quando non le fanno uno scontrino come reagisce? «Non mi è mai capitato». «È così. Se mi capitasse chiederei spiegazioni. Ma su questa cosa degli scontrini sarei più cauto». Sia cauto, ma non partigiano. «L’assenza di scontrino prima di essere notificata, andrebbe anche accertata». «Le consiglio la lettura del libro di Luigi Furini Volevo solo vendere la pizza». Che cosa dice Furini? «Racconta, per esempio, di un pizzettaro che regala al figlio della sua vecchia maestra un pezzetto di pizza rossa e quando la signora esce dal negozio senza scontrino, viene multato. Credo che siano di più i casi di scontrini non rilasciati con dolo. «Ma bisogna tener conto delle eccezioni, no?


Basta che le eccezioni non diventino regola. «Mi pare un po’ assurdo che, come accade oggi, se per tre volte vieni beccato che non batti lo scontrino di un caffè, mi chiudi l’esercizio». È un provvedimento introdotto da Visco. Sbaglio o con Visco non avevate un buon rapporto? «Sbaglia, Visco è venuto spesso a parlare alle nostre assemblee. Ma, insomma, i ministri delle Entrate in generale non sono amatissimi. Apprezzo chi fa pagare le tasse a tutti. «A Milano si dice "l’ha faa la finn del Prina"». La finn di chi? «Di Prina, era un ministro delle Finanze napoleonico che venne ucciso a ombrellate dai milanesi. Le assicuro, comunque, che di evasori tra i commercianti ne troverà sempre meno». «Evadere è un reato. Che tra l’altro costituisce anche concorrenza sleale nei confronti di chi paga le tasse. Uno dei nostri punti è far rispettare gli impegni fiscali.


Ci avrei giurato. C’è un "ma". «Si deve pagare per quanto si guadagna, non per quanto lo Stato immagina che tu guadagni». Lei si infervorava sulle tasse dei commercianti anche quando era un deputato diccì? Come ci è finito? «Avevo una concessionaria Fiat a Sesto San Giovanni. Si chiamava la Padana. Dal ’95 sono presidente dell’Unione del Commercio di Milano». È ora di dimettersi: largo ai giovani. «Per il momento non ci penso proprio». «All’inizio degli anni Novanta feci un intervento in Aula durissimo contro la Minimum tax proposta dalla mia stessa Dc». Un piccolo conflitto di interessi. «Il giorno dell’approvazione della legge, concluse gli interventi Gerardo Bianco che era capogruppo dello Scudo crociato.


Chiesi la parola. Napolitano, presidente della Camera, mi disse: "Sangalli, lei è un deputato di lungo corso, dovrebbe sapere che non può aggiungere altro". E io: "Ma guardi che parlo in dissenso". In pratica ho chiuso la mia carriera parlamentare tra gli applausi dei missini e dei comunisti. Tra quelli del mio partito, invece, calò il gelo. Qualcuno applaudiva di nascosto sotto il banco, ma contemporaneamente scuoteva la testa in segno di disapprovazione. Roba da veri diccì». Come è diventato democristiano? «Era diccì anche mio padre, Vincenzo, che insegnava italiano e filosofia a Porlezza. Sono cresciuto lì, sul lago di Lugano.


Nel dopoguerra ci trasferimmo a Milano». Il suo primo ricordo politico? «Con un compagno di scuola del Gonzaga, andai a vedere la chiusura della campagna elettorale del 18 aprile 1948. Mio padre, segretario provinciale, presentava De Gasperi ai milanesi, in piazza Duomo». 18 aprile 1948. Elezioni leggendarie. «Già. Non è un caso che nel 1964 io abbia scelto di sposarmi proprio il 18 aprile. Nel ’48 avevo 11 anni. Giravamo con dei grandi mascheroni con la faccia di Garibaldi, simbolo del Fronte popolare (Pci/Psi), se capovolgevi Garibaldi veniva fuori Stalin». Il suo primo comizio? «Sì, mio padre, mentendo, disse che non aveva voce e mi chiese di parlare al posto suo». Era l’anno della legge truffa. «Ma che legge truffa!


Era una legge sacrosanta». Nella Dc in che corrente stava? «Ero andreottiano. La nostra corrente si chiamava Primavera. Come i giovani della Nazionale. Eravamo la destra del partito». «Andreotti è una gran persona. Al mio primo intervento congressuale, che si tenne di notte, in pratica c’era solo lui ad ascoltarmi». «Alla Statale di Milano non riuscii nemmeno a cominciare l’intervento, per eccesso di fischi». «Il Corriere titolò: "Nenni il più vecchio, Sangalli il più giovane". Con l’ingresso a Montecitorio finì la mia carriera calcistica: poco tempo e troppe contestazioni da parte dei tifosi comunisti». «Giocavo nel Parabiago. Mediano». Torniamo alla gavetta. Esperienze di governo?


«Sottosegretario al Turismo nel 1978. Ma poi non venni riconfermato». «Avevo spalleggiato Forlani alla segreteria, mentre gli andreottiani si erano schierati tutti con Zaccagnini». «Evangelisti, il braccio destro di Andreotti, venne da me e mi disse: "La prossima volta che otterrai un incarico di governo, io sarò Papa"». Zacchete. Inesorabile. Lei lo ha visto il film Il Divo? «No. Ho poco tempo». Andreotti e gli andreottiani ne escono maluccio. «A maggior ragione non lo vedrò. Andreotti è un amico». «Un altro grande. In Commissione Bilancio era eccezionale. Ogni volta che andavo da lui a chiedergli di inserire in Finanziaria qualche provvedimento per tutelare i commercianti, mi faceva il gioco delle tre carte».


Anche lei prendeva parte al famigerato "assalto alla diligenza"? «Si cercava di portare a casa qualcosa, nell’interesse del Paese». «Ostrega. Non mi ha toccato. Un giorno si sparse la voce che ero stato iscritto nel registro degli indagati. Ero all’Hotel Nazionale, dove avevo incontrato Mario Segni e Gianni Rivera per parlare dei referendum. A mezzanotte squillò il telefono. Era Di Pietro. Si voleva scusare. E dirmi che io non c’entravo nulla con le indagini in corso». Craxi è morto da esule o da latitante? Il Di Pietro politico: tribuno populista o paladino della giustizia? «Diciamo che io certe cose sul Presidente del Consiglio non le direi.


A prescindere dall’amicizia che mi lega a Silvio». È molto amico di Berlusconi? «Sì. Da più di 40 anni». Come vi siete conosciuti? «All’epoca ero consigliere comunale di Brugherio. Votai contro un progetto della sua Edilnord e un amico comune, Edoardo Peruzzi, mi disse che Silvio mi avrebbe incontrato volentieri. La scintilla scoccò appena ci dichiarammo entrambi milanisti». Berlusconi le ha mai proposto una candidatura? «Anche alle ultime politiche. Mi ha chiamato e mi ha detto: "Carluccio, un uccellino mi dice che fremi per tornare in politica"». È vero che freme? «La politica è una passione che non passa. A Montecitorio ci tornerei a piedi e di corsa.


Ma gli ho detto di no per rispetto nei confronti della Confcommercio, che deve rimanere autonoma. Certo, quando in tv vedo l’Aula, cambio canale perché mi viene il magone». Lei non va mai in tv. «La mia storia televisiva l’ha descritta bene Bruno Vespa in uno dei suoi libri: un giorno il conduttore mi chiamò in trasmissione come ospite in rappresentanza di Confcommercio, io non potevo andare e così mandai Michela Vittoria Brambilla». «…Michela sfondò. Bucò lo schermo. E da quel momento invitarono tutti lei». La scelta che le ha cambiato la vita? «Il matrimonio con mia moglie Rosanna, a 27 anni. Ora ho 4 figli e 12 nipoti.